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Mediazione e dialogo, questa è la ricetta

Riuscirà un principe vero, Cesare Castelbarco Albani, a salvare la Cassa di Risparmio di Genova finita anche lei nel grande mare degli scandali che sta sommergendo l’Italia intera? Se lo stanno chiedendo in tanti, azionisti, piccoli risparmiatori, tutti quei milioni di liguri laboriosi che da secoli credevano che la Carige fosse una banca amica, onesta, altamente professionale, di cui ci si poteva fidare. Operare insieme senza correre rischi. Poi è arrivata la Banca d’Italia, i suoi ispettori hanno acceso i riflettori ed è venuta fuori una verità amarissima, un incubo, conti e bilanci talmente avvelenati che hanno portato la Procura genovese ad avviare immediatamente una delicata quanto esplosiva indagine. In queste settimane sulla Carige si scrive e si legge di tutto. Secondo Gianluca Paolucci, giornalista de La Stampa, per esempio la banca genovese avrebbe in pancia anche dei “derivati <a leva> (a debito, ovvero con rischi di perdite superiori all’investimento) sui Titoli di Stato italiani sottoscritti dall’istituto. Posizioni pari a circa 7 miliardi di euro, scrive Bankitalia nella sua relazione. Tanto per una banca che ha 26 miliardi di raccolta e 30 miliardi di impieghi”.

Sembra impossibile che anche Banca Carige, con la sua storia, sia finita nel vortice degli scandali che vedono al centro tanti altri istituti come Monte dei Paschi, Banca Marche, Credito Cooperativo Fiorentino dell’on. Verdini o Intesa Sanpaolo. Chi conosce bene il principe Castelbarco giura che lui sia l’uomo giusto per ritrovare la stella polare. Lo dice anche il suo curriculum. Se Cesare Castelbarco Albani dopo avere ricevuto due scudi araldici dall’alto medioevo, intendesse cucirsene addosso un terzo strettamente autobiografico forse dovrebbe metterci un ponte come simbolo di una esistenza spesa ad attraversare acque agitate e infide e ad accompagnare imprese ed enti verso sponde sicure. Una mission esistenziale che ha svolto con abilità e competenza rispettando con assoluto rigore i canoni dell’economia e della finanza ma soprattutto esercitando la più raffinata delle arti applicate a quelle aride materie, la diplomazia. Lo ha dimostrato con lo storico accordo che ha chiuso la guerra ventennale dei moli e delle banchine a Genova condotta dai terminalisti e dagli operatori portuali privati nei confronti dell’avversario di sempre, la Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie di Paride Batini. Anche lei vantava ascendenti medioevali dell’antica Compagnia dei Caravana. Osservatori maliziosi fanno risalire agli studi giovanili dai Gesuiti la straordinaria capacità di persuadere e convincere che ha dato continuità ed efficacia ad enti ed organismi guidati da Castelbarco, come Genova Sviluppo S.p.a., geneticamente condannati a subire le turbolenze e le discontinuità proprie dell’estrazione politica, oppure come F.I.L.S.E. S.p.a. (al governo della Regione c’era Sandro Biasotti) esposti per le stesse ragioni a lottizzazioni paralizzanti e sterili.

Mediazione e dialogo sono le medicine che conosce e lui le somministra ogni volta super partes ai contendenti sia nei conflitti personali, come quello esploso in CARIGE nel settembre scorso, e sia nelle rivalità naturali che sorgono dalla competizione e dalla concorrenza. Gli stessi maliziosi osservatori di prima, adesso che presiede CARIGE s.p.a., proporrebbero a Cesare Castelbarco Albani di mettere nel suo stemma araldico sotto il ponte una salamandra, l’animale mitologico che sopravviveva al fuoco, in questo caso quello incrociato della politica.Allusione ingiusta perché Cesare Castelbarco Albani ha certo le sue idee anche in politica e le professa apertamente, però di lui tutto si può dire ma non che sia un trasformista, buono per tutte le stagioni, o uomo di qualcuno, insinuazioni ogni volta sonoramente contraddette dai fatti. Ultimo in ordine di tempo il suo comportamento nell’ultima guerra interna di CARIGE. A tenere compagnia alla salamandra sullo stemma araldico ci starebbe bene anche la figura del centauro sagittario, metà milanese per i legami con Moratti, Braggiotti, Saviotti, Profumo e Montezemolo, e metà genovese come agente marittimo, spedizioniere, broker assicurativo, manager di successo e titolare di uno “scagno” in porto.  L’opzione a favore di CARIGE che gli ha imposto il decreto “Salva Italia” del 2012 depone per la “genovesità” di Castelbarco raddoppiata dalla designazione come AD di Piero Montani, anch’esso genovese.
A questo punto è d’obbligo, per il principe Cesare Castelbarco Albani mentre assume la presidenza di CARIGE S.p.a, un fiducioso “In bocca al lupo!”.  Però che sia in prevalenza un lupo di mare.

Roberto Basso

 

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