chagos

Dalla deportazione al riscatto

Questa è la scioccante storia di otto cittadini inglesi, ma con origini ben più lontane di quelle britanniche. Otto membri di un piccolo popolo che fino ai primi anni ’70 viveva pacificamente in un minuscolo arcipelago in mezzo all’Oceano Indiano. Vivevano di pesca, producevano olio di cocco e conoscevano l’esistenza della Gran Bretagna solo perché ufficialmente la loro terra fa parte dei Territori Britannici dell’Oceano Indiano.
Loro sono i chagossians, gli abitanti delle Chagos Islands. Probabilmente non ne avrete sentito parlare molto spesso perché la loro storia è sempre stata una sorta di tabù. Per quale motivo? Perché quello che sono stati costretti a vivere è una delle più grosse vergogne di cui la Gran Bretagna si è macchiata dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Negli anni ‘60, nel pieno della Guerra Fredda, gli USA necessitava di basi militari sparse per il mondo. Per questo motivo stipularono un patto in assoluta segretezza con la Gran Bretagna per costruire un’enorme base sull’isola Diego Garcia nelle Chagos Islands. Con questo patto l’Inghilterra condannava definitivamente la popolazione indigena ad una vita di soprusi e di stenti.
Nei primi anni ’70 l’intera popolazione delle Chagos, composta da oltre 2000 persone, venne invitata ad andarsene: i soldati uccisero tutti gli animali domestici con i gas ammonendo la popolazione che sarebbe potuto capitare anche a loro. Infine, tutti coloro che avevano avuto il coraggio di rimanere furono deportati: caricati su navi ed abbandonati come rifiuti sulle coste delle Mauritius.

“Non usarono la violenza, ma allo stesso tempo eravamo troppo spaventati per reagire. Quando vedemmo i soldati, salimmo a bordo. Non volevamo, ma abbiamo dovuto,” mi ha confessato durante un’intervista Gianny Augustin, vice presidente della UK Chagos Support Association (UK CSA). All’epoca era solo un ragazzino.
Senza aiuto, senza un lavoro, lontani da casa ed emarginati come minoranza nelle Mauritius, molti caddero in depressione. Numerosi furono i casi di suicidio ed altrettante le morti per le precarie condizioni igieniche delle baraccopoli in cui vivano.
Nonostante tutto non hanno mai smesso di lottare per il diritto di ritornare nell’acipelago. Nel 2002 ottennero la cittadinanza britannica nel ed alcuni ne approfittarono per trasferirsi in Inghilterra sia per trovare una sistemazione migliore, sia per continuare a rivendicare i propri diritti. Questi vivono in una piccola comunità a Crawley, tra Londra e Brighton.
Gli otto Chagossians di cui vi ho parlato inizialmente fanno parte di questa comunità e finalmente, dopo anni di battaglie, hanno ottenuto il permesso dal governo inglese di visitare Chagos Islands dal 27 ottobre al 7 novembre scorso.
Prima della loro partenza hanno acconsentito a rilasciare un’esclusiva intervista a L’Eco della Riviera.

“Questa visita è solo un primo passo verso la giustizia. Qualsiasi cosa succeda in futuro noi non ci arrenderemo e continueremo a combattere”  ha affermato Sabrina Jean,  presidente della UK CSA. Quando ho chiesto quali erano i loro sentimenti prima della partenza, le risposte sono state un mix di allegra tristezza, ma anche di rabbia per tutti i soprusi subiti.
Marie Lovive Furcy, Chagossian di seconda generazione in UK, mi ha confidato:  “Quando mia mamma ha saputo che ero stata scelta per la visita si è messa a piangere e mi ha detto ‘vai a pregare sulle tombe di tua zia e del tuo bisnonno’ .  Dopo mi ha spiegato come raggiungerle perché io in Chagos non ci sono mai stata.  Potrò condividere meglio la sua sofferenza e quella di tutti i chagossians.”
Marie Orange Jacques, anziana dal temperamento energico, mi ha risposto invece:  “Finalmente avrò la possibilità di dire in faccia ai militari quello che non ho potuto dirgli quando mi hanno caricata sulla nave.”

Simone Sarchi

 

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