Negli ultimi mesi ha fatto molto rumore la decisione del principe Harry di rinunciare ai privilegi reali ed essersi allontanato dalla sua famiglia per vivere una dimensione più privata e indipendente, con la moglie Meghan e il figlioletto Archie, anche sotto il profilo economico (molte e scottanti indiscrezioni sono riportate nel recente “Finding Freedom”, scritto da Omid Scobie e Carolyn Durand, dal 27 agosto anche nelle librerie italiane).

Ma Harry è il principe cadetto, il cosiddetto “erede – ruota di scorta”, come dicono gli inglesi, posizione che, fin dalla culla, gli ha dato molta più libertà rispetto a William, a cui il trono, con tutti i suoi oneri, oltre che onori, spetta per nascita. A metà degli anni Trenta andò peggio, con l’abdicazione di Edoardo VIII e il terremoto che ne conseguì, dentro e fuori dal Palazzo. In entrambi i casi giocò un ruolo chiave quella che successivamente biografi e studiosi reali, non senza una vena di ironia, hanno definito “la maledizione yankee”, legata a due figure di donne americane, divorziate, emancipate: oggi l’ attrice americana Meghan Markle, ieri Wallis Simpson.

Anche nella vicenda pubblica e privata dei Windsor la storia si presenta costellata di corsi e ricorsi. Ecco perché è particolarmente importante il nuovo libro di una delle massime studiose e interpreti della Royal Family Cristina Penco, giornalista per testate e siti di respiro nazionale. Si intitola “La saga dei Windsor. Tutta la storia della grande dinastia di Elisabetta II” per Diarkos. 

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Ripercorre l’ultimo secolo della Corona dalla sua nascita, con una moderna operazione di rebranding, di rivitalizzazione del marchio, fino a questo annus horribilis che è il 2020 per tutti, monarchia britannica inclusa, permette di tracciare linee di continuità ed evidenziare punti di rottura e rinsaldamenti in una grande saga familiare che continua ad appassionare lettori. E spettatori, pensando al successo di serie tv come “The Crown” e “Victoria”. La Royal Family ci affascina coi suoi cerimoniali di sapore medioevale, coi suoi gioielli, con l’oro degli arredi e le stoffe pregiate degli abiti, ci riporta a una dimensione da favola e questo libro non è da meno.

Scriveva il drammaturgo George Bernard Shaw a inizio del secolo scorso: «L’Inghilterra ha sempre avuto milioni di fruttivendoli per bene, mai un monarca per bene». È vero se si guarda in particolare al ramo Hannover da cui discendono i Windsor che, fatta eccezione per Victoria, la proba e morigerata “Nonna d’Europa”, ha racchiuso dentro i suoi rami genealogici re fannulloni, figure anonime e sbiadite, genitori sadici e, ancora, dongiovanni incalliti, libertini e crapuloni. Mentre l’eccezione, venuta quasi a confermare la regola, è stata rappresentata da condottieri pii e dediti al dovere, come Giorgio VI, timido e virtuoso, legato al suo nucleo affettivo e capace di andare oltre la balbuzie invalidante per un monarca pur di tenere alto l’umore del suo popolo. E come Elisabetta, la più longeva sovrana britannica e la quarta del mondo per lo stesso primato: lei e il principe consorte Filippo hanno sempre mostrato un certo modo di intendere la Corona come un servizio, ben consci che nessuno dei due avesse fatto nulla per ottenere la posizione privilegiata che la sorte ha fatto occupare loro.
Perché davvero di fato si può parlare, nel caso dei regnanti: basti pensare che né il padre né la figlia citati erano “nati nella porpora”, come si diceva nell’antica Bisanzio per indicare l’erede designato al trono, ma entrambi si ritrovarono seduti su di esso per uno scherzoso gioco del destino. «Il segreto della nobiltà è la zoologia» ebbe a dire Karl Marx, facendo riferimento a quella «lotteria della biologia» evidente anche nelle vicissitudini dei Windsor. Paradossalmente uno come il principe Carlo, deputato alla successione e preparato a ciò fin dai suoi primi vagiti, regnerà quando la madre gli cederà il posto, probabilmente entro il 2021, ma per un periodo ben più breve del genitore.
In oltre un secolo, i Windsor hanno mostrato di saper mutare pelle – di seta e broccati, nel loro caso – rimanendo fedeli a se stessi e ai sudditi. Nel frattempo, la casa reale ha aperto i portoni dorati anche ai divorziati che, solo cinquant’anni fa, erano banditi da corte. E, dall’ottobre 2011, chi sposa una persona di confessione cattolica non viene più escluso dal 13
la successione. Soprattutto, il sesso di un bambino non dà più a lui o ai suoi discendenti nessuna precedenza sugli altri nella linea ereditaria. Ora anche le femmine hanno gli stessi diritti dei primogeniti maschi. Per non parlare del primo matrimonio misto nella Royal Family, avvenuto con il principe Harry e la sua sposa, di origine afroamericana da parte di madre: che non siano stati instaurati buoni rapporti tra lei e il resto dei reali è risaputo, ma è innegabile che, in un momento in cui in Europa si ergevano muri e si sollevavano ponti levatoi per respingere lo straniero, la più medioevale delle istituzioni, come la monarchia, apriva le sue braccia alla discendente di uno schiavo nero della Georgia.
Con abilità, intelligenza e lungimiranza, Elizabeth II ha saputo tenere uniti i membri della famiglia reale anche di fronte a boati e scossoni, commettendo errori e riconoscendoli. È immediato il ricordo dell’indimenticabile Diana che, nella sua breve ma intensa esistenza, diventata «principessa del popolo, regina dei cuori», ha portato a corte una rivoluzione basata su empatia e sentimenti, tracciando un solco che continuerà inevitabilmente a essere percorso da William. Supportato dalla granitica e sorridente Kate, il suo primogenito si farà prosecutore del lascito materno, all’indomani della sua incoronazione. E che dire della “maledizione yankee”, che ha fatto tremare il Palazzo con gli “innesti americani” di Wallis Simpson e, in tempi più recenti, Meghan Markle? Due donne d’oltreoceano, senza una goccia di sangue blu, che hanno sparigliato le carte, favorendo un’irrimediabile divisione tra fratelli che sembravano inseparabili, e che invece, crescendo, hanno mostrato tutta la differenza della loro indole e delle loro inclinazioni.

Il libro

Nel 1901, alla morte della Regina Vittoria, dopo un regno lungo sessantatré anni, la corona inglese è affidata al primogenito della sovrana, Re Edoardo VII. Ma è il figlio di quest’ultimo, Giorgio V, a siglare nel 1917 quello che oggi chiameremmo un’operazione di rebranding della monarchia britannica: il nome della casata Sassonia Coburgo Gotha Wettin, di origine tedesca, viene cambiato: nascevano i Windsor. Dall’abdicazione di Edoardo VIII per amore al ruolo di Giorgio VI nella Seconda guerra mondiale, fino all’attuale regno di Elisabetta II, il più longevo dell’intera storia del Regno Unito, il libro ripercorre eventi, protagonisti e sviluppi di un’istituzione che, come un’araba fenice, in oltre sei decadi ha saputo mantenere la sua solidità resistendo a conflitti, tradimenti e rivoluzioni fuori e dentro il Palazzo. Fino alla Brexit, tra scandali che rimbalzano dai tabloid ai social e principi che clamorosamente si distaccano dalla Royal Family.

 

L’autore

Cristina Penco, nata a Genova nel 1980, giornalista professionista dal 2009, scrive di famiglie reali, celebrities, costume e società, lifestyle, attualità e spettacolo per riviste popolari e femminili. Ha alle spalle anche esperienze radiofoniche e televisive. Ha pubblicato Meghan Markle. Una Duchessa ribelle (Diarkos, 2019).

 

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