teglio (3)

Nell’Antiquarium Tellinum, al piano terra di Palazzo Besta a Teglio (SO), è conservata la Stele di Caven (Caven 3), uno tra gli oggetti più enigmatici in Italia. E’ una pietra datata al III millennio a.C. dalla forma ovale, con inciso un graffito di una presumibile figura antropomorfa stilizzata, interpretata come divinità femminile. Ai suoi piedi 11 tratti formano una U e la figura è disegnata da un corpo con un ovale molto grosso, che ricorderebbe un copricapo e due protuberanze ipotizzabili come braccia. Ai lati due grossi cerchi e accanto due pendagli a doppia spirale contrapposta. Come per il test delle macchie di Rorschach, nel quale ognuno “vede” qualcosa di differente, le ipotesi si sprecano, in quanto sulla Caven è stato detto davvero di tutto. La corrente più seguita è l’antropomorfismo, con attribuzione della stele ai culti dedicati alla Dea Madre o comunque ad una divinità della fecondità, lo stesso risultato a cui si è giunti dopo aver analizzato le simili stele di Valgella e di Cornàl.  Alcuni sostengono anche l’ipotesi del nume solare, discostandosi dalla figura umana per avvicinarsi alla maschile divinità solare: i grossi cerchi potrebbero infatti essere il ritratto del Sole con i relativi raggi. C’è chi invece si getta nella piena “forma umana”, come il ricercatore Mezzena, che avrebbe condotto lunghi studi sulla possibile raffigurazione di personaggi mitici (eroi o capi villaggio) confrontando la Caven alle statue stele di Aosta, mentre il ricercatore Pedrotti lo avrebbe fatto in relazione a quelle del Trentino Alto Adige. Il primo immagina un grande Pantheon, tempio di eroi come semi-dei, il secondo vede più un oggetto finalizzato ad un rituale legato a personaggi defunti che si sono distinti per azioni particolari.
Una terza corrente di pensiero è stata aperta dall’intuizione della geometra Silvana Onetti che nella Caven avrebbe visto l’incisione di una mappa geografica del territorio tellino a nord dell’Adda. Cerchi come terrazzamenti, linee come fiumi. Suggestiva ed allo stesso tempo rivoluzionaria, se fosse confermata, sarebbe la testimonianza di una antica società organizzata al punto da definire i confini delle proprie terre.
Divino, semidivino, umano o catastale, sono state distribuite sul tavolo della ricerca tutte le ipotesi possibili a riprova che nessuno è ancora in grado di dare una spiegazione univoca e soddisfacente. Ma le abbiamo davvero “dette tutte”? Secondo Guido Cossard, fisico e presidente dell’Associazione Ricerche e Studi di Archeoastronomia, la stele avrebbe un significato da ricercare nelle stelle, le stesse spirali richiamano il moto del Sole in relazione al mutamento delle stagioni, il cui arco aumenta o diminuisce, creando veri e propri moti a spirale. Parliamo ora dell’ultima intuizione, quella a mio avviso più interessante, che la collega direttamente all’episodio astronomico appena accaduto, che si è rivelato il più coinvolgente di questi ultimi anni.
Siamo stati tutti con il naso all’insù, nell’attesa che il cielo di Natale fosse illuminato da una decorazione d’eccezione: la cometa Ison che avrebbe dovuto rendere il 2013 memorabile. Lo ha fatto: nonostante i nostri nasi siano tornati chini in seguito alla sua scomparsa, rimane un evento eccezionale. Abbiamo sofferto e atteso a lungo i risultati della sua traversata attorno al sole, illudendoci inizialmente con l’aumento di luminosità, per poi perderla, ma mantenendola verso il fuoco del sole, per poi dissolversi e infine riapparire, risorgere dalle proprie ceneri aumentando progressivamente la luminosità e scomparire di nuovo. “Risorgere dalle proprie ceneri”, in quanto nelle ultime immagini è così che appariva: come una immensa fenice indaco che fluttuava nello spazio. E’ stato l’Istituto per la Ricerca sul Sistema Solare del Max Planck Institut di Katlenburg-Lindau in Germania ad aver catturato alcune immagini dallo spazio, nelle quali si vedevano chiaramente due grosse ali di 13.500 km. E’ stata definita “colomba cosmica” dalla coda chiomata, ma forma e comportamento la ricorderanno come l’immortale araba fenice che ha fatto gridare alla sua morte per poi risorgere quasi più forte di prima.
Adriano Gaspani, ricercatore dell’Osservatorio Astronomico di Brera, ha condotto diverse ricerche sull’arte figurativa camuna, un popolo che avrebbe cercato di dare forma visibile all’incomprensibile. I nostri antenati erano suggestionati dagli eventi celesti che credevano essere una qualche manifestazione delle divinità. Il Sole, l’astro principale, veniva rappresentato nei cosiddetti “simboli solari”, accompagnandolo ad altri corpi celesti, quali la luna e le stesse comete. Ed è proprio ad una cometa la forma a cui è stata comparata la stele di Caven da Adriano Gaspani, denominandola come “teomorfo a dischi concentrici con tre appendici a forma di coda”. Un’immagine importante, forse un evento da ricordare, unico ed irripetibile, esattamente quello che poteva accadere a noi se Ison non si fosse dissolta. Il Max Planck Institut quando ha riportato il fenomeno delle ali, ha giustificato l’anomalia parlando di “protuberanze laterali formate da altri due sub-nuclei con una propria atmosfera in espansione”, la cometa si stava in qualche modo, “dividendo” (fonte Sabrina Pieragostini – www.extremamente.it) . Ison era così formata da tre nuclei dai quali si diramavano una grossa coda e due altre piccole code (ali) dandogli questa curiosa forma di fenice. Non ci vuole molto per accettare che Caven sia il ritratto di una antica Ison. La stele, esattamente come la cometa ha infatti coda, ali e i due nuclei ai lati. Ma come è possibile aver potuto ritrarre una cometa in modo tanto dettagliato? Si è avvicinata così tanto al nostro pianeta 5000 anni fa da poterla osservate così da vicino o qualcuno ha avuto modo di vederla in modo non convenzionale? Certo le ipotesi sono tante. Se poi pensiamo che anticamente Teglio veniva espresso con il termine Tellus ovvero “Stella”, comprendiamo che davvero nulla accade per caso.

Isabella Dalla Vecchia

 

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