Il MUDEC  di Milano prosegue, dopo la mostra “Gauguin. Racconti dal paradiso”,il percorso dedicato agli artisti che hanno guardato al primitivismo delle culture extraeuropee con un’esposizione dedicata a Joan Miró curata dalla Fundació Joan Miró di Barcellona, sotto la direzione di Rosa Maria Malet, in collaborazione per l’Italia con Francesco Poli.

“Joan Miró. La forza della materia”  mostra attraverso un’ampia selezione di opere realizzate tra il 1931 e il 1981, l’importanza che l’artista ha sempre conferito alla materia, non solo come strumento utile ad apprendere nuove tecniche ma anche e soprattutto come entità fine a se stessa. Attraverso la sperimentazione di materiali eterodossi e procedure innovative, l’artista mira a infrangere le regole così da potersi spingere fino alle fonti più pure dell’arte. Le oltre cento opere esposte in un percorso cronologico che ricostruisce l’attività dell’artista, provengono dalla Fundació Joan Miró di Barcellona, dalla collezione di famiglia dell’artista e da prestatori europei.Il percorso di visita, suddiviso in 4 sezioni, è stato studiato per accompagnare il visitatore attraverso il contesto storico dell’epoca, le diverse tecniche artistiche utilizzate dal maestro catalano e, più in generale, con una particolare attenzione alla materia e alla matericità. Video, musica e postazioni di realtà virtuale sono stati inseriti all’interno del percorso di visita per una fruizione dell’opera di Miró più partecipativa e immersiva: già entrando in mostra si viene accolti dalle note di Blues for Joan Miró di Duke Ellington, un pezzo che il noto compositore di musica jazz improvvisò durante una visita alla Fondazione Maeght in occasione della quale conobbe il pittore. Inoltre sono state allestite sette isole multimediali con video che raccontano l’opera e la tecnica del maestro catalano a cui si affiancano postazioni per la realtà virtuale attrezzati con Gear VR di Samsung.

locandina mostra

 

FOCUS SULLA MOSTRA- La gestazione di un nuovo linguaggio. A metà degli anni venti, influenzato dalla pratica degli amici poeti che si lasciavano suggestionare da parole scelte a caso, Miró comincia a sperimentare supporti insoliti. Queste prove lo convincono della necessità di andare oltre la pittura tradizionale, al punto che qualche anno più tardi esprime il desiderio di “assassinare la pittura”. “Sono completamente disgustato dalla pittura, mi interessa solo lo spirito puro e uso gli strumenti canonici del pittore solo per essere sicuro che i miei colpi vadano a segno”, dichiara nel 1931. Per raggiungere l’obiettivo lavora usando ogni tipo di superficie e di tecnica e, pur non abbandonando mai del tutto la pittura, per un certo periodo dipinge solo opere di formato molto piccolo.Durante gli anni della guerra civile spagnola e della seconda guerra mondiale, Miró ricorre spesso al disegno come strumento per denunciare la tragedia e su un supporto tanto comune come la carta definisce il suo linguaggio di segni, senza per questo rinunciare a esplorare avidamente le possibilità offertegli dalla materia.

La libertà del gesto pittorico e la materialità dell’oggetto. Nel 1956 la Spagna vive ancora la pressione del dopoguerra sotto la dittatura di Franco. Miró, la cui opera gode di un prestigio internazionale sempre maggiore, si trasferisce a Palma di Maiorca, dove l’amico architetto Josep Lluís Sert ha progettato per lui uno studio. Qui l’artista ha a disposizione uno spazio per lavorare e al tempo stesso per meditare in tranquillità. Miró continua a utilizzare il vocabolario di forme elaborato all’inizio degli anni Quaranta, in cui i personaggi, le donne, gli uccelli e le costellazioni dominano la composizione e danno il titolo all’opera; adesso però queste forme sono diventate più grandi e individualizzate. Al tempo stesso, il desiderio di un’espressione artistica completamente anonima si traduce in gesto pittorico più libero.Alla fine degli anni Sessanta, il gusto per la cultura surrealista dell’oggetto, insieme al costante interesse per la materia, lo portano a dedicarsi con intensità alla scultura in bronzo. Utilizzando la tecnica della fusione a cera persa crea nuove forme a partire dall’assemblaggio di oggetti diversi tratti dall’ambiente popolare.

Antipittura. Negli anni Settanta, Miró raramente amplia il proprio vocabolario di segni per rappresentare immagini reali. Continua a creare opere su tela altamente poetiche, quelle che esigono una maggiore attenzione da parte del pubblico, senza per questo smettere di interrogarsi sul significato ultimo della pittura.Nel 1974, per celebrare l’ottantesimo compleanno dell’artista il Grand Palais di Parigi gli dedica un’importante retrospettiva. Benché anziano, Miró coglie l’occasione della mostra per presentare un numero cospicuo di opere nuove che, oltre a sottolineare la sua attenzione ai cambiamenti sociali, mettono in discussione l’essenza stessa della pittura. Nel tentativo di eliminare ogni traccia d’illusione, la sottopone a pratiche poco ortodosse –brucia, lacera e perfora la tela –e impiega i supporti più insoliti- assi di legno, carta vetrata… –distruggendo e creando al tempo stesso. Dissacrando la pittura non intende solo provocare l’osservatore ma anche mettere in dubbio il valore economico dell’opera d’arte.

La potenza espressiva delle incisioni. L’importanza attribuita da Miró alla materia come parte integrante e spesso decisiva della sua pittura, lo porta a interessarsi anche ad altre tecniche, quali la scultura, l’arazzo e l’incisione, e a trovare in ciascuna un terreno fertileper la sperimentazione. Nel campo dell’incisione, inizialmente cerca di approfondire le possibilità offerte dall’acquaforte e dall’acquatinta per poi introdurre, alla fine degli anni Sessanta, il carborundum, un procedimento grazie al quale riesce ad arricchire la materia e potenziare il tratto. Egli sfida tutti i vincoli della tecnica per evitare che siano d’ostacolo alla libertà d’espressione raggiunta in pittura.Dal punto di vista sociale e umano, l’opera grafica di Miró è in linea con alcuni degli obiettivi perseguiti nell’età matura. Con il loro carattere di opera multipla, infatti, litografie e incisioni raggiungono una diffusione più ampia dei dipinti.Giulia Cassini

Sede MUDEC –Museo delle Culture | via Tortona 56, MilanoPeriodo 25 marzo –11 settembre2016Orari LUN 14.30‐19.30; MAR, MER, VEN, DOM 09.30‐19.30; GIO, SAB 9.30‐22.30Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusuraBiglietteria12 € Intero | 10 € Ridotto.

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