La malinconia sa essere anche dolce, ricomporsi in un ricordo, in un ventaglio di colori e dar vita alla più forte delle gioie quando si traduce in autenticità artistica. Che sia “un desiderio di desideri” come la definisce Tolstoj oppure “inseparabile dal sentimento del bello ” come Baudelaire non importa. Basta guardare le opere di Sergio Gagliolo alla Chiesa Anglicana di Bordighera per rendersene conto, per lasciarsi alle spalle quella nausea sartriana, quell’indifferenza che è ultimamente di tanti artisti e letterati.
L’arte, come il mondo, non è mai per caso. Non c’è accidentalità nella scelta di un soggetto così come nessuna strada nella vita è indifferente. Si coglie questa urgenza della scelta negli ultimi lavori di Sergio Gagliolo quali “Paesaggio: frammento” di quest’anno , “Omaggio al Bianco” del 2016 come “Rose Bianche”, “Due Nudi Rossi” e “Bougainvillea” nella convincente mostra bordigotta in essere fino al 17 settembre (salvo proroghe, vista l’ottima affluenza di pubblico). Nemmeno la città che accoglie l’esposizione è fortuita: Gagliolo ha insegnato a lungo disegno e pittura all’Accademia Riviera dei Fiori Giuseppe Balbo di Bordighera e qui incontrava l’amico Ennio Morlotti e poi si è abbeverato del genio letterario di un altra frequentazione: quella con Francesco Biamonti. Ecco cosa si percepisce nella sua pittura: la natura, i colori del Ponente, la solidità della formazione iniziata all’Accademia di Brera, la felicità della scrittura tradotta in immagini. La sua figurazione diventa educazione ai sentimenti, le sue ammirate “Rose Bianche” si risolvono nel disfacimento dello sfondo diventando tutto con esso, con il ricordo, con l’immateriale. Ecco, ogni simbolo, che siano fiori o erbe aromatiche o “Arbusti”, oppure i capelli delle “Bagnanti” o le silhouettes di “Due nudi rossi” si stempera dilgando in un’altra dimensione meno sfacciata, meno chiassosa, meno evidente del reale. E’ poesia cerebrale, è “sfondo” il vero soggetto del Gagliolo, una specie di metafisica del pensero che vive di fasce di “Cielo” come nell’opera del 2006 o in lembi di paesaggi dell’entroterra con tutte le sue luminescenze, con i rilievi, con le delicate cromie: dal rosa antico al verde ulivo, dal giallo slavato dal sole all’indaco che si trova solo nei piccoli e deliziosi fiori di borragine.
Del resto Gagliolo è attento conoscitore delle erbe aromatiche e del ciclo della natura. Come scrive dell’artista Elisabeth Vermeer nella sua arte si “alza verso l’entroterra, le colline della valle di Bordighera, una natura montagnosa dove al posto del mare, il cielo diventa la sua profondità”. E ancora “si è concentrato su una ricerca quasi ossessiva dell’inventario della vegetazione delle sue terre, che lo ha o, passo dopo passo, verso le stratificazioni di conoscenze incrociate tra botanica, arte e antroposofia”. Ecco perchè vale la pena soffermarsi nella mostra di Bordighera sugli ultimi lavori del maestro, così autentici, lirici e compiuti che segnano davvero una terza rinascita.

Giulia Cassini

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