Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi. Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa. La grande foto è l’immagine di un’idea.

 

La capacità percettiva, la sensibilità e l’esperienza di andare semplicemente oltre la “valutazione” di un corpus di opere integrandole con un fiuto spiccato ed intelligente, rendendo possibile l’orientamento tra le principali correnti di fotografia del nostro tempo dagli anni Sessanta ad oggi senza usare la facile e scontata chiave cronologica è il grande merito dei curatori  Sabrina Raffaghello e Roberto Mutti.  Un percorso che non si propone quale ambizioso ma che in realtà lo è, lo è eccome, passando in rassegna i più noti fotografi degli ultimi 50anni sotto la discriminante sociologica. E’ proprio la sociologia del nostro tempo che incanala l’inanellarsi delle sale, che dà vita al percorso espositivo e questo non deve affatto sorprendere: parlare di generazioni- riprendendo gli assiomi di Fausto Colombo- significa parlare della convivenza umana, nei suoi aspetti più profondi. Traspare il concetto di generazione, di gruppo di appartenenza, di paralleli tra passato e presente fisici e mentali, l’idea della sofferenza e della caducità dell’uomo, le convenzioni a cui la società lo costringe, gli esempi positivi e i grandi innovatori come Olivetti, definendo via via il concetto dell’identità umana. L’arte non solo documenta ma ricerca, altrimenti non è arte. Gli artisti e la loro sperimentazione estetica in questa mostra vengono presentati come fenomeni- o categorie- interculturali. Nella maggior parte delle culture-come spiegano i curatori- si crede che l’artista possa svolgere un ruolo medianico attraverso l’opera d’arte, ma in ogni caso quest’ultima risulta come espressione unica di un’epoca, di una società, di una civiltà, di un paese. L’occhio della fotografia sensibile e attento rivela attraverso questa mostra una volontà di riflessione su come eravamo, cosa è cambiato e cosa è rimasto immobile nel tempo e nella storia. Si studiano i bisogni biologicamente dati degli individui, le subculture di un gruppo, le azioni sociali, la vita quotidiana, la morte, le paure più profonde e i desideri più grandi, la devianza, la stratificazione di classe, il lavoro, la cultura e l’istruzione oltre agli incontri accidentali degli individui per finire con la complessità dei processi sociali globali. Bastano pochi esempi per dare una prima dimostrazione della natura di FlashBack fotografia italiana di sperimentazione 1960-2016, nel sottoporticato di Palazzo Ducale a Genova fino al prossimo 28 agosto.

LA MOSTRA: Un tuffo nella sociologia per immagini non solo metaforico, visto che la prima immagine di apertura è uno degli scatti più famosi di Nino Migliori, con il nuotatore che si slancia elegantemente e con determinazione nel mare (“Il tuffatore” ce lo ricordiamo nella mostra “Il furore delle immagini. Fotografia italiana dall’archivio di Italo Zannier nella collezione della Fondazione di Venezia” del 2010 n.d.r.).

Migliori è sostanzialmente famoso per produrre fotografie off-camera comprensibili se lette all’interno del versante più avanzato dell’informale europeo. La sua ricerca continuerà negli anni danno risultati estremamente apprezzabili, se non unici, coinvolgendo altri materiali e tecniche: polaroid, bleaching.

 

 

 

Si prosegue con una serie di lavori di Franco Grignani (Struttura filtrata da archi lenticolari, 1962; Torsione e tensione anulare, 1962) e i suoi disegni distorti che sono più di banali segni: sono emozioni. Nelle distorsioni e tensioni Grignani realizza opere di particolare impatto estetico: attraverso l’alterazione dell’immagine le geometrie continuano a dilatarsi aprendo un universo in continua espansione. E poi Luigi Veronesi (Ritratto, 1950) dove con la tecnica off camera del fotogramma che lui ottiene direttamente sulla pellicola usa quella pseudo solarizzazione inventata da Man Ray, Enrico Cattaneo con le fotografie della serie “In regress” (1965-2009) in teche sigillate, l’uso dell’immagine fotografica come registrazione di eventi di Aldo Tagliaferro  (L’io-Ritratto, particolare n.6, 1978) per citare i primi in rassegna. Tra le tante opere colpiscono ( a parte i celebri lavori di  Oliviero Toscani con il suo studio “Razza Umana” del 2007, progetto di fotografia e video sulle diverse morfologie e condizioni umane, per rappresentare tutte le espressioni, le caratteristiche fisiche, somatiche , sociali e culturali dell’umanità) Alessandra Boldoni (I Need protection, 2014, installazione scrigni di ferro e fotografia), Franco Donaggio (Serie Station, 1996, Gelatin Silver, selenium toned), Fulvio Roiter (Andalusia, 1955, Stampa ai Sali d’argento), Edoardo Romagnoli (Serie Autoscatto, 6 pezzi, 2007), Paolo Novelli (Serie Vita brevis Ars longa, 2002, Gelatin Silver Print), Giannetto Bravi (Quadreria d’arte 2005, 12 cartoline di una fotografia di Marylin Monroe su masonite e cornice argentata), Pier Paolo Koss (Blood Memory, 1995-2011, installazione site-specific), Maurizio Galimberti (Prof. Umberto Eco, 2002, Mosico Polaroid) e ancora Giovanni Sesia, Andrea Boyer, Luciano Romani, Davide Mosconi, Ugo Mulas, Fabio Zonta,  Stefania Ricci, Matteo Ferrari con la ricerca di ricognizione della cultura urbana occidentale e il progetto dove restano fissi il luogo, l’auto e il proprietario per riproporli con un viaggio temporale di almeno vent’anni di distanza esperendo non tanto la rottura del tempo, ma con sorpresa un nodo emotivo completamente diverso. Nelle ultime sale diversi lavori di Occhiomagico fanno riflettere sullo sfasamento tra le immagini assolutamente vere e quelle strettamente illusorie, Gianluca Giordano testimonia invece il lavoro industriale e filantropico di Adriano Olivetti in una parete di fotografie assemblate per ricreare un percorso intellettuale tra la realtà dei luoghi e la forza delle immagini che si raccontano in autonomia con la propria storia. Andando via restano impressi i lavori di Pina Inferrera, con la sua poesia penetrante ma malinconica, con gli alberi fotografati in Austria che resistono alle piene aggrappandosi alla terra, che sembrano danzare tra le catastrofi come nei cicli stagionali, negli eterni ritorni, e soffrire resistendo, rimanendo inspiegabilmente speranzosi ed aggrappati alla vita.

 

LA CRONOLOGIA:

 GLI ANNI SESSANTA

Non si può prescindere, iniziando il nostro percorso, dagli autori che negli anni precedenti hanno lavorato con coerenza e lungimiranza così da stabilire un ponte fra passato e futuro che abbiamo voluto sintetizzare nell’immagine simbolo del “Tuffatore” Nino Migliori proteso nel suo slancio. Ecco perché qui appaiono per un verso fotografi che hanno conferito al reportage i segni di un nuovo ritmo narrativo, per l’altro autori che si sono dedicati al paesaggio con una visione moderna figlia del rapporto con la fotografia americana e con le suggestioni dell’arte informale. Uno spazio ulteriore lo occupano poi quanti hanno operato in modo specifico sul linguaggio sia ribadendo il legame con la pittura e la grafica sia dando vita a colti percorsi originali tutti giocati sul metalinguaggio che avrebbero aperto una nuova strada indicando le linee di una ricerca di grandi potenzialità espressive e concettuali.

GLI ANNI SETTANTA

Se il passaggio dagli anni Sessanta ai Settanta è stato caratterizzato da un acceso dibattito sulla fotografia “concerned” tutto vissuto, però, all’interno del mondo del fotoreportage, sono gli autori d’avanguardia (questo era il termine allora prevalentemente usato) a incarnare davvero l’impegno. Pur lavorando su un orizzonte espressivo rivolto a un élite intellettuale, hanno avuto la capacità di rivolgersi a un pubblico più ampio, quello formatosi grazie alla vivacità culturale del periodo, al nuovo ruolo giocato dai giovani e alla stagione dell’università di massa che avvicina l’Italia ai livelli formativi di altri paesi: alla fine degli anni Settanta gli iscritti sono un milione (il doppio rispetto al decennio precedente) di cui quasi la metà donne. La rivisitazione della fotografia classica sia nella sua chiave di linearità che riconosce il valore espressivo del lavoro professionale su commissione, sia in quella della sua valenza poetica immessa in atmosfere poetiche, si accompagna ad altri e altrettanto audaci percorsi. Sono quelli della scoperta delle potenzialità del supporto Polaroid su cui molti operano con estro creativo e dell’utilizzo dell’immagine in ambiti come quello della poesia visiva, dell’installazione, del rapporto sempre più stretto di creazioni artistiche di cui la fotografia non è più soltanto testimonianza ma elemento fondamentale che si fonde con le opere fino a diventarne elemento costitutivo.

GLI ANNI OTTANTA

Ora le atmosfere cambiano, nuove immagini attraversano un’epoca caratterizzata dallo sviluppo del consumismo e dell’importanza dell’apparire. In campo fotografico predomina il colore,

che caratterizza ogni tipo di comunicazione – bisognerebbe ricordare al proposito l’importanza della cartellonistica che nuove tecniche di stampa rendono più imponente e l’avvento della televisione a colori – da quella pubblicitaria a quella della moda che può contare su autori fortemente inventivi come è stato sempre in evitabile in un settore in costante ricerca di innovazione. Sono caratteristiche che animano il migliore fotoreportage e che si ritrovano nelle ricerche sulla luce che animano una intera generazione di autori non giovanissimi e forse per questo pronti a una riflessione di grande spessore. L’oggetto è il paesaggio, uno dei grandi temi su cui si sono misurati i fotografi del passato finendo per fornirne un’immagine stereotipata e, talvolta, retorica. La necessità di rileggerlo in una chiave contemporanea ha portato a esiti di grande interesse che si sono distinti nettamente sia dalla Nuova Oggettività di matrice tedesca sia dal Dialectical Lanscape americano (dai quali peraltro sono stante talvolta espunte suggestioni), per far emergere uno stile personale marcatamente mediterraneo.

GLI ANNI NOVANTA

Se all’inizio del nostro percorso avevamo affermato la necessità di legare come imprescindibili gli anni Sessanta al decennio precedente dove già si trovavano i prodromi di quanto si sarebbe poi sviluppato, un discorso non dissimile va fatto ora che ci avviciniamo alla contemporaneità. In questa fase, infatti, il segno più evidente è costituito dalla scelta di finalizzare la fotografia a progetti decisamente vicini alle ricerche concettuali: non ci si accontenta più dell’aspetto più tradizionale di questo linguaggio (che pure continua a svilupparsi e con esiti più che positivi in altri campi lontani dalla ricerca) ma se ne fa emergere con più forza la valenza artistica. Lo si fa utilizzando le immagini in progetti inediti che sviluppano le potenzialità delle carte pronte a diventare sculture o a inserirsi come elementi importanti di installazioni, e delle pellicole (il recupero di vecchie stampe da accostare alle nuove, il mosaico Polaroid come rapporto fra immediatezza e progettualità) alla ricerca di un nuovo ruolo di fronte all’avanzata, sempre più travolgente, di quella che è stata giustamente definita la rivoluzione.

GLI ANNI DUEMILA

La contemporaneità è, per sua natura, difficile da definire perché in continuo divenire. Ciò è tanto più vero quando ci troviamo di fronte a un’epoca caratterizzata da un generalizzato soggettivismo che porta gli autori a seguire percorsi individuali così da rendere ardua l’individuazione di precise tendenze. Senza contare poi che sono sempre più numerosi coloro che misconoscono la peraltro nobilissima parola “fotografo” per autoproclamarsi “artisti” con il paradossale risultato di inflazionare quest’ultimo termine e ottenere il risultato opposto a quello perseguito. Che la fotografia di ricerca o d’avanguardia abbia una valenza artistica è, peraltro, innegabile anche se spetta alla critica certificarlo e inserirla nel più generale contesto culturale. Noi abbiamo qui provato a individuare alcune tendenze per avvicinare autori che operano più o meno consapevolmente in direzioni comuni: quanti rivisitano le Avanguardie Storiche, quanti prediligono la dimensione installativa, quanti operano sul senso geometrico dello spazio, quanti concepiscono la fotografia come materia su cui intervenire con diversi tipi di contaminazione, quanti ne recuperano il tradizionale aspetto formale per inserirla in progetti che aprono un rapporto dialettico con la realtà, quanti riflettono concettualmente sul metalinguaggio della visione. Questa è una proposta su cui si può e si deve dibattere: ognuno ha la possibilità, osservando le opere di questa sezione, di immaginare un proprio percorso per ribadire che la fotografia di ricerca è tale proprio perché sa suggerire intrecci, rimandi, analogie, per presentarsi complessivamente nella sua affascinante valenza di “opera aperta”.

 

LA PERFORMANCE DEL 14 LUGLIO ALL’INAUGURAZIONE:

Non più fango, ma terra cruda.

Fare della terra la propria casa, fare la propria casa in terra cruda.

Un monito per l’architettura sostenibile, contro i rapidi profitti della bieca edilizia commerciale a suon di cemento, ma anche un segnale di speranza dove tutto è possibile, dove la natura è la vera rivoluzione. La performance ha visto la partecipazione di Alessandra Camera, David Zanotto, Grace Zanotto e roberto Marsella con progetto Super Burka Girl di Grace Zanotto.

FOCUS: Un cencio che riveste tutto il corpo dona la libertà di viaggiare all’infinito a ritroso nella spiritualità, verso antiche tradizioni salvifiche. Le Super Burka Girl, regine del riscatto dalla sottomissione, assumono la responsabilità di accompagnare la rivoluzione per una realtà rigenerata. La performance è accompagnata da un video ipnotico realizzato da Roberto Marsella in cui un cubo nero su fondo nero esplode, per lasciare lo spazio ad una piramide gialla su fondo giallo destinata anch’essa ad esplodere… Il video è frutto del “movimento Non Perdono” che usa l’esplosione quale nuova verginità.

fotoservizio di Giulia Cassini

 

I FOTOGRAFI

ANNI SESSANTA: Mario De Biasi, Mario Giacomelli, Nino Migliori, Aldo Tagliaferro, Elio Ciol, Franco Grignani, Luigi Veronesi, Mario Lasalandra, Fulvio Roiter.

ANNI SETTANTA: Maurizio Osti, Gianni Colosimo, Sarernco, Michele Zaza, Ballo & Ballo, Ugo Mulas, Davide Mosconi, Mario Cresci.

ANNI OTTANTA: Franco Fontana, Oliviero Toscani, Luigi Ghirri, Giorgio Lotti, Vettor Pisani, Cosimo di Leo Ricatto.

ANNI NOVANTA: Pietro Privitera, Giannetto Bravi, Maurizio Galimberti, Barbara La Ragione, Rossella Roli, Enrico Cattaneo, Franco Donaggio.

DUEMILA: Alessandra Baldoni, Grace Zanotto, Piepaolo Koss, Luciano Bobba, Giancarlo Marcali, Oriella Montin, Giovanni Sesia, Gianluca Chiodi, Ivan Piano, Luciano Romano, Christian Zanotto, Andrea Boyer, Paolo Novelli, Luigi Erba, Occhiomagico, Matteo Ferrari, Gianluca Giordano, Edoardo Romagnoli, Stefania Ricci, Luca Campigotto, Marian Ballo Charmet, Fabio Zonta, Pina Inferrera, Roberto Cotroneo.

 

FlashBack fotografia italiana di sperimentazione 1960-2016

A cura diSabrina Raffaghello e Roberto Mutti

Dal  15 luglio  al  28 agosto 2016

 

Orari: da martedì a venerdì 11/13 e 15/19; sabato e domenica 11/19;chiuso lunedì.

Biglietti: intero € 5,00, ridotto € 4,00

Informazioni: info@sabrinaraffaghello.com   ebonfanti@palazzoducale.genova.it- Tel.010 81711641

 

 

Visita guidata con la curatrice sabato 23 luglio alle ore 17

Ideazione: SR Arte Contemporanea,

Catalogo: S.Raffaghello R.Mutti

FlashBack fotografia italiana di sperimentazione 1960-2016

 

Sottoporticato Palazzo Ducale
Fondazione per la Cultura
Piazza Matteotti 9 – 16123 Genova

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