Claudio Barontini finalmente anche a Genova. Dopo lo straordinario successo di pubblico e di critica al Castello di Lerici approda al Museoteatro della Commenda di Prè (fino al 21 ottobre informazioni al numero 0105573681), come evento qualificato delle Giornate Europee del Patrimonio di questo weekend. Un maestro consacrato della fotografia che con la strumentazione, ma soprattutto con la capacità di folgorare l’attimo più infinitesimale, mostra il lato spirituale della realtà. Un grandissimo interprete della fotografia contemporanea che cerca l’autenticità, l’immediatezza.
Una fotografia la sua non documentarista ma intimista, atta a svelare il carattere, l’anima di chi si trova davanti al suo obiettivo. Barontini racconta il lato più segreto che riesce ad immortalare dopo una forte condivisione empatica coi suoi soggetti: non narra l’idealizzazione delle celebrities che ritrae, ma attimi di vita vera attraverso scatti straordinari dal tocco morbido. In lui non enfatizzazione o la smania di voler stupire come in tanti colleghi, ma la poesia del rimando come la luce che permea il capo di di Eva Riccobono a guisa di icona bizantina oppure la raffinata compostezza di Liv Ullmann o la posa alla Modigliani di Patti Smith o ancora lo sguardo felino di Sofia Loren che, nel dettaglio così magnetico, fa passare in ombra anche le gambe in primo piano e l’enfasi del movimento.

Enrico Gusella parla a proposito di simbolismi esistenziali, di impronte, di empatia. Ne sono alto esempio gli scatti dedicati allo scultore Pietro Cascella in cui non ne documenta solo i gesti sapienti, ma piuttosto ne eternizza lo spirito creativo. Barontini fotografo narrativo che scava nelle situazioni e negli sguardi, che indaga le molteplici possibilità di raccontare un volto. Proprio nel tributo a Cascella l’artista nasconde con la mano il suo volto lasciando alla vista l’elemento più rivelatorio: gli occhi. Od ancora nel ritratto di Clara Agnelli dove immortala un breve intervallo di vita quotidiana riportato con personale curiosità, austera eleganza ed accuratissima raffinatezza. Con lo scatto dedicato a Lindsay Kemp svela invece il privato del celebre attore britannico: rivela ciò che rimane una volta terminata la rappresentazione. Coglie quell’indefinita linea di confine fra finzione e realtà, fra messa in scena e naturalità. Un linguaggio fotografico che arriva all’identità tra la realtà e la sua immagine.
A lasciare col fiato sospeso nell’ammirare i suoi portraits, non è solo la qualità fantastica delle immagini od i soggetti di pura ipnosi, ma è soprattutto lo sliding doors continuo tra pubblico e privato. Una carrellata di volti noti, di immagini che palesano il rapporto di intimità, lo stesso a legare una volta e per sempre un grande fotografo ad un grande soggetto.

Giulia Cassini

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